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Flashback e Flash forward

flashback flash forward

Il flashback e il flashforward sono due tecniche di gestione del tempo utilizzate in letteratura, ma anche nel cinema e nella serialità, che si muovono in due direzioni opposte.

Il flashback (o analessi) è il ritorno a un evento del passato, un salto temporale all’indietro rispetto al presente narrativo della storia. Con il flashback, il lettore viene a conoscenza di nuovi elementi utili alla comprensione del conflitto di un personaggio o dell’evoluzione della trama. I flashback possono essere scritti al presente, come se i fatti narrati stessero avvenendo in quel momento, o al passato; spesso assumono la forma di sogni/incubi da cui un personaggio si risveglia, tecnica ormai divenuta un cliché letterario, oppure essere sviluppati come capitoli a sé stanti. Implicando l’abbandono temporaneo del presente narrativo, i flashback hanno la funzione di aumentare la suspense creata nel romanzo, poiché solo al termine il lettore può scoprire come va avanti la storia; costringendo a una lettura più lenta e immersiva, essi danno luogo anche a un cambiamento di ritmo, ma usati in abbondanza rischiano di rallentare troppo un romanzo.

Il flash forward (o prolessi), invece, consiste in un salto temporale nel futuro, di cui ci viene mostrato qualcosa in anteprima. I flash forward servono a incuriosire il lettore su come si arriverà a un determinato fatto, ragion per cui sono sempre seguiti da scene e capitoli che ricostruiscono gli eventi precedenti alla prolessi. Suscitando curiosità riguardo al futuro, i flash forward hanno la funzione di accelerare il ritmo della lettura, poiché chi legge è spinto ad andare avanti da un senso di urgenza e necessità. Se si sceglie di utilizzare la prolessi, è importante non tenere troppo tempo il lettore sulla corda prima di dirgli la verità, altrimenti si rischia di perderne la fiducia e l’attenzione.

Per le loro caratteristiche peculiari, flashback e flash forward si rivelano scelte vincenti all’interno del genere thriller, ma, se costruiti e gestiti come si deve, sono spendibili anche in altri generi letterari.

La narrazione in terza persona

terza persona

Per ovviare ai limiti della narrazione in prima persona, che consente di fornire solo un certo numero di informazioni, si ricorre alla terza persona, di cui esistono tre tipologie: terza persona con unico punta di vista, con punto di vista mobile e narratore onnisciente.

La terza persona con unico punto di vista segue un personaggio in via preferenziale, adottandone il punto di vista, e permette di dare informazioni in maniera libera, ad esempio sull’aspetto fisico del personaggio prescelto; se da un lato essa implica un vantaggio informativo, dall’altro è priva dell’effetto intimo e immediato della prima persona.

La terza persona con più punti di vista o punto di vista mobile adotta lo sguardo di più personaggi, fornendo ancora più informazioni al lettore. Il narratore in terza persona non sa tutto dei suoi personaggi, ma ne svela pensieri, azioni ed emozioni solo nel momento in cui essi vivono una determinata situazione. Lo scrittore che sceglie questa tipologia di punto di vista deve stare attento a distribuire in modo sapiente le informazioni nel romanzo, a non inserire commenti personali e, soprattutto, a non favorire eccessivamente un punto di vista a discapito di un altro, mantenendo sempre un certo equilibrio.

Il narratore onnisciente, infine, conosce già tutta la storia e tutti personaggi, il loro passato e la loro vita psichica, conoscenza che gli permette di arricchire la narrazione di molti dettagli. Avendo accesso a tutte le informazioni, il narratore onnisciente deve essere accorto a dosare bene la caratterizzazione dei personaggi, evitando di dire troppo, e non deve avere una voce troppo invadente nella storia, permettendo al lettore di godersi l’esperienza della lettura e di farsi una propria opinione sulla vicenda che gli viene raccontata. Il narratore onnisciente viene scelto per raccontare storie ricche di personaggi che agiscono, come saghe familiari, romanzi fantasy o storici, esempi di narrativa corale contemporanea.

I diritti del lettore secondo Daniel Pennac

I diritti del lettore

In un mondo di diritti e di doveri, anche il lettore vanta alcuni diritti nel rapportarsi con l’oggetto libro. Sposando l’idea rodariana che il verbo leggere non vuole l’imperativo ed evidenziando alcune storture dell’educazione scolastica e familiare, lo scrittore francese Daniel Pennac elenca i diritti del lettore nel suo Come un romanzo.

  • Il diritto di non leggere

Non tutti i momenti della vita sono favorevoli alla lettura, non sempre siamo mentalmente predisposti a lasciarci trascinare dalle parole e a volte ci sono necessità pratiche che superano di importanza la lettura.

  • Il diritto di saltare le pagine

Se il libro è noioso, potrebbe essere una soluzione per arrivare prima alla fine; tuttavia, saltare le pagine potrebbe farci perdere alcuni dettagli importanti della trama o essere un inutile surrogato dell’abbandono vero e proprio.

  • Il diritto di non finire un libro

La lettura non dovrebbe mai essere una forzatura, ragion per cui sarebbe meglio abbandonare un libro che non ci appassiona abbastanza o che non ha senso per noi. Se ci forzassimo a leggerlo solo perché abbiamo messo mano al portafogli per acquistarlo rischieremmo seriamente di odiare la lettura.

  • Il diritto di rileggere

Ci sono libri che sono un porto sicuro, che ci fanno stare bene o che ci fanno tornare bambini. Di tanto in tanto, anche se conosciamo già la storia, è giusto riprendere in mano questi libri per rispolverare le piacevoli sensazioni del passato, senza sentirci in colpa perché stiamo trascurando cose che non abbiamo ancora letto.

  • Il diritto di leggere qualsiasi cosa

Non esistono generi o libri superiori agli altri, ma soltanto il gusto personale. In veste di lettori, quindi, siamo liberi di passare da un rosa a un giallo, da un umoristico a un saggio o da un romanzo impegnato a uno più leggero.

  • Il diritto al bovarismo

Inteso come desidero smanioso di evasione dalla realtà, il bovarismo fa parte dell’esperienza di lettura a tutti gli effetti e si manifesta con la sovrapposizione tra il mondo reale e quello romanzesco, senza riuscire più a distinguere l’uno dall’altro.

  • Il diritto di leggere ovunque

Nella vita frenetica dei nostri anni, ogni momento di pausa può essere una buona occasione per leggere, dunque ben vengano le sessioni di lettura sui mezzi di trasporto, nelle automobili parcheggiate, nelle sale d’attesa e nei luoghi più riservati.

  • Il diritto di spizzicare

Un po’ a causa delle frenesia contemporanea e un po’ a causa della scarsa predisposizione a leggere in uno specifico momento, spizzicare un libro, cioè leggerlo un poco per volta, è una buona soluzione per portare avanti una lettura.

  • Il diritto di leggere a voce alta

Se abbiamo finito la scuola da molti anni, probabilmente non siamo più abituati a leggere a voce alta e releghiamo la lettura nella nostra mente. Leggere a voce alta, invece, è un’esperienza che rende le parole vive, sonore, che ci fa testare le nostre abilità interpretative e che ci intrattiene meglio.

  • Il diritto di tacere

Possiamo leggere per ammazzare il tempo, per evadere dalla realtà, per intrattenerci, per identificarci in una storia, per combattere la solitudine o per semplice curiosità. Qualunque sia la ragione che ci spinge a prendere un libro tra le mani, abbiamo il diritto di mantenere il riserbo su di essa e nessuno dovrebbe mai insistere per conoscerla.

Il decalogo di Pennac contiene i diritti del lettore, non gli obblighi, il che dimostra quanto la lettura sia un’esperienza soggettiva e libera dalle costrizioni. Alcuni lettori, infatti, potrebbero aggiungere alla lista i seguenti diritti: il diritto di sottolineare, il diritto di fare le orecchie alle pagine, il diritto di macchiare il libro e, perché no, il diritto di lanciarlo dalla finestra.

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L’importanza della riscrittura

Riscrittura

Molti scrittori alle prime armi pensano che, una volta terminata la prima stesura di un romanzo, il lavoro sia già finito. Niente di più sbagliato. La vera scrittura, infatti, è riscrittura, cioè un lavoro continuo di perfezionamento e di limatura, per svolgere il quale lo scrittore deve tornare sul romanzo di continuo. “La prima stesura di qualsiasi cosa è merda” sosteneva Ernest Hemingway, l’autore americano de Il vecchio e il mare. È questa la ragione per cui un autore dovrebbe riscrivere quello che ha creato, apportando un numero di revisioni variabile da persona a persona e da opera a opera. A grandi linee, potremmo dire che un buon numero di revisioni è 5 e un numero eccellente 10, ma i più temerari potrebbero arrivare perfino a 15.

Gli scrittori navigati dicono che la prima stesura si faccia col cuore e la seconda con la testa: nella prima fase ci troviamo nel momento geniale della creazione, dell’ispirazione e dell’entusiasmo; nella seconda, invece, dobbiamo analizzare ciò che abbiamo prodotto per capire cosa funziona e cosa no, cosa è superfluo e cosa mancante e il senso complessivo dell’opera. Il lavoro di riscrittura o di revisione è necessario perché durante la prima stesura non abbiamo il sufficiente distacco per guardare alla nostra opera con obiettività e spirito critico, ma, al contrario, è un momento in cui tutto ci sembra perfetto; nella fase di riscrittura, invece, siamo abbastanza lucidi da renderci conto degli errori.

La riscrittura non riguarda solo il rapporto dello scrittore con la sua opera, ma anche il rapporto dell’opera con le case editrici e gli editor/redattori editoriali. Presentare la prima versione di un romanzo a una casa editrice, infatti, è un autogoal, qualcosa che diminuisce le probabilità di essere pubblicati. Questo accade perché la prima stesura è materiale grezzo e, in quanto tale, non potrà avere la considerazione che merita fino a quando non sarà stato lavorato; a ciò si aggiunge anche il fatto che una prima stesura richiede maggiori tempi e costi di produzione editoriali.

Infine, riguardo al rapporto con i professionisti del settore, è sempre buona norma contattare un editor quando il romanzo è nella sua versione migliore, cioè quando abbiamo fatto tutti i cambiamenti necessari e non abbiamo più incertezze. Se commissioniamo l’editing di un romanzo di cui non siamo sicuri, rischiamo di voler fare nuove modifiche, vanificando il lavoro dell’editor. Una volta consegnata la versione migliore del romanzo, spetterà poi all’editor segnalarci le cose che non vanno, quelle che, in quanto non professionisti e in quanto parziali, non possiamo cogliere.

Quali sono le varie tipologie di incipit

Incipit

L’incipit di un romanzo è costituito dalle prime righe con cui uno scrittore o una scrittrice inizia la sua storia. È uno dei primi approcci del lettore al libro e ha lo scopo di incuriosirlo e di spingerlo a proseguire, facendo sì che attui la cosiddetta sospensione dell’incredulità, il patto implicito tra lettore e scrittore con il quale il primo accetta di credere a ciò che sa essere finzione nel lasso di tempo della lettura. In linea generale, affinché un incipit sia efficace è importante che esso descriva un momento della vicenda capace di conquistare l’attenzione del lettore o che getti le basi per la costruzione di un mondo narrativo plausibile e coerente al suo interno.

Nella letteratura italiana sono celebri gli incipit di Cesare Pavese (1908-1950), i cui racconti iniziano tutti con una preposizione, semplice o articolata, che tiene il lettore in sospeso fino alla fine della frase, quando gli viene rivelato il vero senso del discorso.

«Di tutta l’estate che trascorsi nella città semivuota non so proprio che dire» (L’estate).

Ogni scrittore ha il suo modo di agganciare il lettore, ma esistono alcuni incipit virtuosi sui quali vale la pena soffermarsi.

Incipit dinamico

È un incipit caratterizzato dal movimento, in cui vengono descritte situazioni e personaggi che sono in azione nei contorni di una scena delineata e che mette in movimento anche l’immaginazione del lettore.

«Stavo per superare Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava. Mi sono girato e l’ho vista sparire inghiottita dal grano che copriva la collina.» (Io non ho paura, Niccolò Ammaniti).

Incipit in medias res

È un incipit che catapulta subito nel vivo della storia, privo di sequenze narrative che chiariscono il contesto e che lascia al lettore il compito di ricostruirlo, con i suoi personaggi e i suoi accadimenti.

«Quel giorno era impossibile uscire a passeggio. Al mattino, in realtà, avevamo gironzolato per un’ora tra gli arbusti spogli, ma dopo pranzo (Mrs Reed, quando non c’erano ospiti, pranzava presto) il freddo vento invernale aveva portato con sé nubi così scure e una pioggia così insistente che altre escursioni all’aperto erano decisamente fuori questione.» (Jane Eyre, Charlotte Bronte).

Incipit visivo

È un incipit che stuzzica il senso della vista del lettore, abituandolo fin da subito a esercitare l’immaginazione per visualizzare il romanzo come se si svolgesse davanti ai suoi occhi.

«Alzai lo sguardo per via delle risate, e continuai a guardare per via delle ragazze. Notai prima di tutto i capelli, lunghi e spettinati. Poi i gioielli che brillavano al sole. Erano in tre, così lontane che vedevo solo la periferia dei loro lineamenti, ma non importava: capii subito che erano diverse da tutte le altre persone del parco.» (Le ragazze, Emma Cline).

Incipit ribelle

È un incipit che, rompendo le convenzioni letterarie, suscita una reazione forte nel lettore, di sorpresa o di ribrezzo. È utilizzato per affrontare tematiche controverse, spinose o delicate e, se orchestrato bene, non genera un rifiuto nel lettore, ma lo invoglia a continuare.

«La mattina che si uccise anche l’ultima figlia dei Lisbon (stavolta toccava a Mary: sonniferi, come Therese) i due infermieri del pronto soccorso entrarono in casa sapendo con esattezza dove si trovavano il cassetto dei coltelli, il forno a gas e la trave del seminterrato a cui si poteva annodare una corda.» (Le vergini suicide, Jeffrey Euginedes).

Incipit descrittivo

È un incipit classico, composto da pure sequenze narrative che chiariscono l’ambientazione e i vari tipi di personaggi che popolano la storia. Esso ha la funzione di informare, non di emozionare, motivo per il quale trascura l’interiorità e la psicologia dei personaggi, che saranno approfondite nel corso della narrazione.

«Nell’ospedale dell’orfanotrofio – reparto maschi a St. Cloud’s, nel Maine – due infermiere erano incaricate di dare un nome ai neonati e controllare che il loro piccolo pene guarisse bene, dopo la circoncisione obbligatoria. A quei tempi (nel 192…) tutti i maschi nati a St. Cloud’s venivano circoncisi perché il medico dell’orfanotrofio aveva incontrato difficoltà di vario genere nel curare i soldati incirconcisi durante la Grande Guerra.» (Le regole della casa del sidro, John Irving).

Questi sono solo alcuni dei tipi di incipit presenti in letteratura, accanto ad altri validi ma difficili da categorizzare. Non esistono regole fisse per creare un incipit perfetto, ma è importante che l’autore conosca il modo giusto per ingraziarsi il lettore.

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Quali sono le varie tipologie di editori

Ogni editore possiede un catalogo, cioè un insieme di titoli, collane e autori che ne definisce l’identità. È possibile distinguere due principali categorie di editoria: l’editoria di varia, che viene venduta nelle librerie, e l’editoria scolastica, che ha tempi e modalità di produzione e di commercializzazione differenti. La maggior parte degli editori di varia punta sulla narrativa, il genere più richiesto, poi sulla saggistica o su entrambi.

All’interno della saggistica, ci sono editori che hanno una particolare specializzazione: pubblicazioni storiche (Laterza), manualistica (Hoepli), testi giuridici o professionali (Giuffrè), divulgazioni scientifiche (Zanichelli), arte (Electa, Skira, Franco Maria Ricci), turismo e cartografia (Istituto Geografico DeAgostini e Touring Editore), musica intesa come spartiti (Ricordi e Curci) o libri che parlano del tema, cinema (Gremese e Il Castoro delle origini) e poesia (Crocetti). Scendendo ancor più nello specifico, ci sono anche editori che si dedicano al mondo e alle professioni delle biblioteche e del libro, come l’Editrice Bibliografica. Tra gli editori di graphic novel menzioniamo Coconino Press, Beccogiallo e Bao e, tra quelli di fumetti, Panini Comics e Bonelli. Molto viva è anche l’editoria religiosa, con nomi dalla lunga tradizione quali ElleDiCi, Dehoniane, San Paolo, Paoline, ma anche Città Nuova, Queriniana, Morcelliana e Vita e Pensiero; quest’ultima è la prima university press italiana, legata all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nell’editoria scolastica i nomi più importanti in Italia sono Zanichelli, che racchiude diverse sigle quali Loescher e Atlas, e Pearson, leader mondiale nel settore che in Italia comprende le sigle Paravia, Bruno Mondadori, Linx, Lang, Archimede, Longman e Paramond.

Una categoria a sé stante è quella delle grandi opere, progetti di grande portata che coinvolgono varie professionalità e richiedono un lungo e articolato lavoro. Distribuite fino a poco tempo fa attraverso la vendita rateale e in più volumi, al loro interno una delle capostipiti è l’Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, nota come La Treccani. Tra le grandi opere ci sono anche le opere di consultazione (reference books), di dimensioni minori delle enciclopedie e in uno o più volumi, come i vocabolari. Fanno parte delle grandi opere anche i volumi strenna, libri pregevoli che le grandi aziende acquistano dagli editori e danno in omaggio ai clienti più facoltosi in occasione delle festività natalizie; una volta questo settore si definiva editoria bancaria.

Un ulteriore categoria di editori è costituita dagli editori occasionali, specializzati nell’allestire i cosiddetti instant book, libri che mirano ad essere venduti sfruttando il clamore mediatico di un avvenimento recente, come la morte di un personaggio noto o la vittoria di un determinato partito politico. Nelle edicole circolano altri due generi editoriali pensati appositamente per questo canale: i collaterali, libri allegati a quotidiani o a periodici, e i collezionabili, grandi opere costituite da fascicoli venduti settimanalmente. Un’ultima categoria è rappresentata dal club del libro, come il Club degli editori nato nel 1960 su iniziativa di Mondadori, che proponeva un libro ogni mese e che sfruttava la formula del silenzio-assenso per inviare automaticamente il volume proposto.

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Che cos’è il codice Isbn

isbn

Per essere messo in commercio ogni libro ha bisogno di un codice Isbn, acronimo inglese che sta per International Standard Book Number. La funzione del codice è di identificare in modo univoco e duraturo un titolo o un’edizione di un determinato editore (deve cambiare per ogni nuova edizione, diversa dalla ristampa). Il codice viene utilizzato anche per tutti quei prodotti destinati a essere utilizzati come libri, anche se non propriamente tali, e ha dei similari nel mondo dei periodici e della musica, dove si utilizzano l’Issn e l’Ismn (la “b” di “book” è sostituita dalla “s” di “serial” e dalla “m” di “music”).

Dal 2007 l’Isbn è composto da 13 cifre, suddivise in cinque gruppi separati da trattini, ognuno dei quali ha un significato specifico:

  • Il codice che indica il prodotto libro (3 cifre: 978);
  • Il gruppo linguistico (88 per l’Italia);
  • Il prefisso editore (può avere da 2 a 6 cifre in base ai titoli che si possono generare)
  • Il numero del titolo (può avere da 2 a 6 cifre, a seconda del codice editore)
  • Cifra finale di controllo (1 numero)

Se un’opera è pubblicata in coedizione da due o più editori, deve essere assegnato l’Isbn dell’editore che la distribuisce; ciascun editore può assegnare il proprio Isbn, scrivendone due sul retro del frontespizio del libro, ma sulla quarta di copertina deve apparire solo l’Isbn dell’editore che distribuisce l’opera. A ciascuna edizione elettronica (e-book) e a ciascun formato di e-book (.pdf, .html, .pdb) pubblicato e reso disponibile separatamente deve essere attribuito un Isbn diverso. Un’opera in più volumi richiede un Isbn complessivo.

Dal 2015 è attivo un nuovo prefisso nazionale italiano, 979-12, solo per il self publishing, cioè per gli autori che si pubblicano autonomamente. Questo prefisso è utilizzato anche dagli editori tradizionali quando le numerazioni basate su 978-88 si esauriscono.

In conclusione, la lettura dell’Isbn serve a conoscere elementi del libro e dell’editore.

Come superare un blocco creativo

Nella vita di ogni scrittore può arrivare un momento in cui la scrittura diventa faticosa e incapace di fluire liberamente. Per quanti sforzi si facciano, anche legandosi alla sedia della scrivania, in questa fase il contatto con la pagina bianca dà scarsi risultati. Forzarsi a scrivere non è la soluzione, perché tutto ciò che viene creato con la forza è povero, artefatto, inutile. Al contrario, si possono mettere in atto delle strategie, diverse dalla scrittura in sé, che possono aiutare lo scrittore a superare il suo blocco creativo.

Poiché la letteratura trae ispirazione dalla realtà, la prima cosa da fare è immergersi di più nella vita, facendo nuove esperienze, uscendo all’aria aperta e incontrando persone. Quando ci si ritrova in nuovi contesti o si fanno nuove amicizie, infatti, ci si può imbattere in situazioni insolite e/o ascoltare storie di vita che possono risvegliare la creatività; allo stesso modo, anche il contatto con la natura, ricca di forme, colori e odori, può stimolare la fantasia dell’autore. Inoltre l’immersione nella vita facilita il distacco emotivo necessario nei periodi di blocco creativo, è una distrazione che consente di vedere il problema nella giusta prospettiva e non come qualcosa di irrisolvibile.

L’arte richiama l’arte, è questo il motivo per cui, in una fase di blocco artistico, indirizzarsi verso le creazioni degli altri può essere molto utile. È dunque il momento di fare incetta di libri, film e serie televisive, indipendentemente dal fatto che li si conosca già. Rileggere o rivedere qualcosa, infatti, ripropone le fonti originarie di ispirazione, quelle che sono servite nei primi esperimenti letterari, ed è un’attività che dà un senso di sicurezza, importante nei momenti di crisi.

Ultimo, ma non meno significativo, è il darsi obiettivi piccoli e facili da raggiungere. In fase di crisi, è impensabile mantenere i ritmi passati o aumentarli per recuperare il tempo perduto, mentre è sensato fare la metà o la terza parte del solito, nella speranza che sia il modo giusto per riprendere l’abitudine e la passione.

Consigli pratici per scrivere un libro

consigli per scrivere un libro

C’è qualcosa che si agita nella vostra mente, un’idea che aspetta di essere messa nero su bianco, ma non sapete ancora da dove cominciare. La stesura di un romanzo richiede tempo, impegno, sacrificio e costanza; tuttavia esistono delle norme che, se rispettate, semplificano il processo.

Prima di sedervi alla scrivania è importante che abbiate le idee chiare su quello che volete fare, che abbiate partorito una storia dall’inizio alla fine; non iniziate mai a scrivere qualcosa per la quale non avete una degna conclusione, seppur vaga. Dovete immaginare il vostro romanzo come un palazzo di cui erigere prima di tutto la struttura; col tempo aggiungerete il resto, ma senza una solida struttura il libro potrebbe cadere a pezzi.  

Una volta che avete cominciato a scrivere, concentratevi solo su questo, senza tornare indietro per migliorare le parti già scritte. Siete nella fase della prima stesura e la vostre energie devono essere utilizzate solo a tale scopo, non sprecate in un altro modo. Terminata la prima stesura, potrete rileggere il romanzo daccapo e apportare le modifiche che desiderate, facendo almeno tre revisioni fino a un massimo a piacere (se necessario, anche dieci).

Scegliete un posto adatto per scrivere, pulito, spazioso, ordinato, confortevole e lontano da fonti di disturbo: come riuscireste a fare ordine nella vostra mente se non c’è ordine attorno a voi? Molto spesso le fonti di disturbo sono umane, quindi è consigliabile scrivere con la porta chiusa o nella stanza più isolata della casa. Una musica di sottofondo potrebbe supportare la creatività, ma prediligete un repertorio rilassante e non troppo vivace (musica classica, musica per pianoforte, musica di atmosfera).

I supporti fisici per la scrittura variano da persona a persona: c’è chi preferisce scrivere a mano e chi sulla tastiera del computer. Se l’utilizzo eccessivo della tecnologia vi affatica, compromettendo il lavoro di scrittura stesso, è meglio utilizzare un taccuino o un quaderno scolastico e poi, quando il materiale è diventato significativo, trascriverlo al computer. Utilizzate un supporto fisico gradevole al tatto e allo sguardo, perché questa caratteristica potrebbe invogliarvi a scrivere.

Come proporsi a una casa editrice

come proporsi a una casa editrice

La fine di un romanzo è contemporaneamente un momento di gioia e di confusione. Dopo il grande sacrificio per portarlo a compimento, si pone una domanda spinosa ma fondamentale: come lo si propone a una casa editrice?

La maggior parte degli editori attivi richiede tre cose: il romanzo, una sinossi e una biografia dell’autore.

Il romanzo deve essere nel suo stato migliore, gli editori devono accorgersi che c’è stato un grande lavoro alla base e che niente è stato lasciato al caso. Libri zeppi di errori di distrazione o con buchi di trama e incoerenze vistose vengono scartati con molta facilità.

La sinossi deve spiegare il romanzo per intero, in modo sufficientemente dettagliato e includendo anche il finale. Per definizione la sinossi deve essere breve (no, le sinossi di 5-6 pagine non sono vere sinossi), essenziale, chiara e pulita. Vanno evitate le sinossi che non spiegano a dovere gli eventi e che creano un alone di mistero, oppure le sinossi troppo generiche, che non scendono nello specifico. La sinossi, infatti, è lo strumento che permette all’editore di velocizzare il lavoro, evitandogli di dover arrivare alla fine del libro per sapere cosa succede.

La biografia è la presentazione dell’autore, serve alla casa editrice per farsi un’idea generica della persona e venire a conoscenza di eventuali pubblicazioni passate (numero, editori scelti, scelta dell’autopubblicazione). Nella biografia non dovrebbero mancare l’età anagrafica, la provenienza geografica e la professione, mentre i dettagli sulla vita privata sono inutili.

Sebbene siano queste le regole generali per proporre un romanzo, esistono editori che fanno richieste diverse agli autori. Alcuni, ad esempio, vogliono una scheda di presentazione al posto del romanzo e poi, se sono incuriositi, lo richiedono in un secondo momento. Alcuni vogliono un breve estratto dell’opera, conoscere le motivazioni che spingono un autore a proporsi a loro, leggere solo un certo numero di pagine o che il romanzo rispetti determinati requisiti grafici (font, interlinea).  Rispettare le richieste di un editore significa rispettare il lavoro di un insieme di professionisti; non farlo è sintomo di arroganza, superficialità o pigrizia.

È inutile inviare un manoscritto a un editore che ha chiuso temporaneamente le selezioni.