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L’importanza della riscrittura

Riscrittura

Molti scrittori alle prime armi pensano che, una volta terminata la prima stesura di un romanzo, il lavoro sia già finito. Niente di più sbagliato. La vera scrittura, infatti, è riscrittura, cioè un lavoro continuo di perfezionamento e di limatura, per svolgere il quale lo scrittore deve tornare sul romanzo di continuo. “La prima stesura di qualsiasi cosa è merda” sosteneva Ernest Hemingway, l’autore americano de Il vecchio e il mare. È questa la ragione per cui un autore dovrebbe riscrivere quello che ha creato, apportando un numero di revisioni variabile da persona a persona e da opera a opera. A grandi linee, potremmo dire che un buon numero di revisioni è 5 e un numero eccellente 10, ma i più temerari potrebbero arrivare perfino a 15.

Gli scrittori navigati dicono che la prima stesura si faccia col cuore e la seconda con la testa: nella prima fase ci troviamo nel momento geniale della creazione, dell’ispirazione e dell’entusiasmo; nella seconda, invece, dobbiamo analizzare ciò che abbiamo prodotto per capire cosa funziona e cosa no, cosa è superfluo e cosa mancante e il senso complessivo dell’opera. Il lavoro di riscrittura o di revisione è necessario perché durante la prima stesura non abbiamo il sufficiente distacco per guardare alla nostra opera con obiettività e spirito critico, ma, al contrario, è un momento in cui tutto ci sembra perfetto; nella fase di riscrittura, invece, siamo abbastanza lucidi da renderci conto degli errori.

La riscrittura non riguarda solo il rapporto dello scrittore con la sua opera, ma anche il rapporto dell’opera con le case editrici e gli editor/redattori editoriali. Presentare la prima versione di un romanzo a una casa editrice, infatti, è un autogoal, qualcosa che diminuisce le probabilità di essere pubblicati. Questo accade perché la prima stesura è materiale grezzo e, in quanto tale, non potrà avere la considerazione che merita fino a quando non sarà stato lavorato; a ciò si aggiunge anche il fatto che una prima stesura richiede maggiori tempi e costi di produzione editoriali.

Infine, riguardo al rapporto con i professionisti del settore, è sempre buona norma contattare un editor quando il romanzo è nella sua versione migliore, cioè quando abbiamo fatto tutti i cambiamenti necessari e non abbiamo più incertezze. Se commissioniamo l’editing di un romanzo di cui non siamo sicuri, rischiamo di voler fare nuove modifiche, vanificando il lavoro dell’editor. Una volta consegnata la versione migliore del romanzo, spetterà poi all’editor segnalarci le cose che non vanno, quelle che, in quanto non professionisti e in quanto parziali, non possiamo cogliere.

Gli errori da evitare quando si scrive

errori da evitare quando si scrive

La scrittura è un’arte che si apprende con l’esercizio e la lettura – lo dice Stephen King nel suo On Writing: Autobiografia di un mestiere – ma si basa anche su una componente di talento naturale; in altre parole, la capacità di scrittura è un dono, qualcosa di innato che ha solo bisogno di essere sviluppato. Gli autori di tutto il mondo sono impegnati a sorprendere il lettore e trascurano aspetti più importanti dei loro romanzi, commettendo errori grossolani che fanno dileguare il lettore alla velocità della luce.

Ecco una breve lista di errori da non commettere quando si scrive:

  • Utilizzo eccessivo di avverbi e aggettivi

Nessun lettore vuole sapere che qualcosa è fantastico, ma in che modo è fantastico. Nessun lettore vuole sapere in che modo si svolge un’azione, ma vedersela descrivere. Avverbi e aggettivi sono le parti del discorso che rallentano maggiormente la lettura e che offrono informazioni nebulose al lettore – dire che una donna è bella non ha la stessa efficacia di dire che una donna è bella come il sole che sorge la mattina; dire che una persona cammina velocemente non ha la stessa efficacia di dire che una persona cammina come se una fiamma le bruciasse la schiena – facendo passare lo scrittore per una persona pigra, che non vuole impegnarsi. Avverbi e aggettivi non sono vietati, dopotutto fanno parte della lingua italiana, ma andrebbero usati con parsimonia e, ove possibile, sostituiti con descrizioni più dettagliate.

  • Ripetizione degli stessi concetti

Nessun lettore vuole leggere qualcosa che ha già letto in precedenza. Molto spesso gli autori alle prime armi, nella convinzione errata che chi legge abbia scarsa memoria, tendono a ripetere gli stessi concetti, a spiegare più volte gli ideali e/o le motivazioni dei personaggi. A ben vedere la ripetizione allunga inutilmente il romanzo, genera noia e, soprattutto, rischia di far sentire il lettore stupido. Quando si scrive bisogna dare per scontato che si verrà letti con attenzione e fidarsi dell’intelligenza delle persone.

  • Dire al posto di mostrare

La letteratura dovrebbe parlare attraverso le azioni, i comportamenti e i gesti dei personaggi, non attraverso le parole. Uno scrittore che si preoccupa di spiegare minuziosamente perché i personaggi agiscono in un certo modo tradisce la missione della scrittura, quella di creare immagini vivide nelle mente del lettore, di fargli vedere quello che succede con i suoi occhi come se stesse assistendo a uno spettacolo teatrale. Le parole sono alle base delle scrittura, ma è importante saperle usare nel modo giusto, evitando che si trasformino in un’arma a doppio taglio.

  • Complicare volutamente la scrittura

Se il sogno di ogni scrittore è raggiungere una moltitudine di persone, non può pretendere di comunicare con un linguaggio di difficile comprensione. Spesso, nello sforzo di impressionare editori e lettori, gli scrittori in erba complicano volutamente la scrittura, senza sospettare che nessuna delle due categorie impiegherà il suo tempo per decifrare il libro, bensì passerà oltre. La semplicità è grandezza, è il modo più potente di comunicare, è riguardo verso chi legge. La strada per raggiungere il cuore dei lettori è dritta e liscia, senza curve o buche.

La differenza tra editing e correzione di bozze

correzione di bozze

Editing o correzione di bozze? Questo è il dilemma. Non c’è l’uno senza l’altro e la seconda è il perfezionamento del primo.

L’editing, dall’inglese to edit  (modificare, correggere), è la prima revisione che un romanzo riceve da parte di un professionista dell’editoria (l’editor, appunto), paragonabile a una esplorazione del terreno “letterario”. È nella fase di editing, infatti, che un libro rivela tutti i suoi punti di forza e di debolezza, che, anche con la collaborazione dell’autore, andranno esaltati o eliminati. L’editing interviene sulla forma e sullo stile di un romanzo, attraverso modifiche che riguardano l’aspetto grammaticale, sintattico e lessicale del testo – errori grammaticali, logici, parole usate in un contesto sbagliato – e modifiche che investono il testo nella sua complessità – inversioni di parole, tagli, aggiunte, riscritture. Oltre all’aspetto testuale, l’editing coinvolge anche l’aspetto contenutistico e semantico di un libro: nel corso del suo svolgimento, infatti, vengono scovati i buchi di trama, le incoerenze, le inesattezze storiche del presente e del passato e, infine, controllata la credibilità dei personaggi, che dovrebbero avere comportamenti in linea con la personalità definita dallo scrittore e in generale sensati.

La correzione di bozze, invece, è l’ultima revisione che si fa a un romanzo. Essa interviene sulla forma – correggendo errori ortografici, di distrazione e di battitura – sulla formattazione del testo (capoversi, spaziatura, font del carattere) e sulla punteggiatura. È il controllo finale che si richiede prima di mandare un libro in stampa. La correzione di bozze serve anche a verificare eventuali errori commessi in fase di editing, che devono essere corretti con lo spirito di un editor e non di un semplice correttore di bozze affinché il libro sia perfetto a livello testuale e possa passare alla fase successiva, l’impaginazione.

L’impaginazione interviene sulla veste grafica del libro. Durante di essa il testo viene organizzato e distribuito a seconda di come lo si vuole vedere sulla carta stampata e vengono inseriti i loghi e le diciture tecniche.

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Quali sono le caratteristiche di un buon romanzo

come scrivere un buon romanzo

Non tutto quello che viene creato può essere considerato una storia. Non si tratta di scrivere il libro perfetto, ma di mettere su carta qualcosa che, soddisfacendo determinati requisiti, può essere definito un romanzo vero e proprio. Messa da parte l’insindacabilità del gusto personale, esistono delle caratteristiche che tutti i libri dovrebbero possedere:

  • Padronanza linguistica e cura del testo.

La grammatica italiana si impara alle scuole elementari, ragion per cui ogni lettore si aspetta che i romanzi siano perfetti da questo punto di vista e che non contengano errori grossolani. Anche il lessico è importante: dovrebbe essere variegato, testimoniare che l’autore ha letto molti libri prima di iniziare scrivere e che, attraverso di essi, ha ampliato il suo vocabolario. Oltre alla mera correttezza grammaticale e alla padronanza lessicale, c’è bisogno anche di una generale cura del testo finalizzata a eliminarne i refusi e a renderlo gradevole all’occhio del lettore. Nelle case editrici gli editor intervengono in tal senso, ma non è detto lo stesso per l’autopubblicazione.

  • Una storia che ha un inizio, un’evoluzione e una fine.

I romanzi che si limitano a raccontare una situazione statica, immutabile – che avvenga nel mondo interiore o in quello esteriore del protagonista – non hanno ragione di esistere. Nessuno vorrebbe leggere un libro in cui non si verificano eventi significativi, in cui non c’è nulla che modifica la situazione di partenza o i cui protagonisti non hanno una crescita o una evoluzione.

  • Originalità.

Considerata l’immane quantità di libri pubblicati fino a oggi e i ritmi attuali di stampa, complice anche l’autopubblicazione, è impossibile creare qualcosa di totalmente nuovo, che qualcun altro non ha già sfiorato. Se l’originalità non è possibile nella trama, è possibile invece nello stile della scrittura, nella voce e nella personalità dell’autore. La vera originalità, dunque, sta nel raccontare in modo nuovo qualcosa che è già raccontato o nel saper riflettere come non è mai stato fatto prima.

  • Consapevolezza di ciò che si scrive.

L’autore dovrebbe essere informato sull’argomento che sta trattando, pena la credibilità della sua storia e la fiducia del lettore. Il lavoro di scrittura, dunque, ha come premessa un lavoro di ricerca che può attingere a fonti diverse – libri, Internet, persone fisiche, esperti in materia – purché attendibili. La prassi migliore per uno scrittore è raccontare qualcosa che già conosce, di cui ha avuto esperienza diretta. Per fare un esempio reale, i thriller legali di John Grisham (Il socio, Il rapporto Pelican) traggono ispirazione dalla sua esperienza concreta in qualità di avvocato.  

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Come sono diventata una editor

Da ragazzina dicevo di voler fare la giornalista, e per un periodo di tempo ci ho creduto davvero, poi un giorno mi si sono aperte le porte del mondo dell’editoria e sono diventata una editor.

Avevo da poco terminato gli studi universitari in comunicazione e giornalismo e stavo lavorando per una testata locale per conseguire il tesserino di giornalista pubblicista quando decido di inviare il curriculum vitae a una piccola casa editrice della mia zona. La risposta è immediata. L’editore mi fa fare una prova per testare le mie capacità, l’editing di un paio di racconti e la stesura di una scheda di valutazione di un libro. Non lo avevo mai fatto prima di allora. Con mia grande gioia, supero la prova ed entro a far parte dello staff.

In due anni e tre mesi di lavoro ho revisionato libri di varie grandezze e generi: thriller, erotici, rosa, fantasy, horror, per ragazzi e bambini. Tutto tranne la poesia e la saggistica, categorie che non prediligo neanche da lettrice. Nella mia attività ho sempre alternato l’editing alla correzione di bozze e, oltre a lavorare sui testi, ho stilato anche le biografie degli autori, le sinossi per le quarte di copertina e ho ideato le copertine stesse interagendo con il grafico.

Qualche tempo dopo aver trovato lavoro nella casa editrice e sentendomi sicura delle mie competenze da editor, decido di creare un sito Internet, “Vivi e scrivi”, per promuovermi in qualità di freelance. Il sito, una presenza costante sui social e sponsorizzazioni di contenuti indirizzati a target specifici mi hanno permesso di ottenere i primi ingaggi da libera professionista.

Il mio rapporto con gli scrittori è informale e amichevole. Sono molto onesta con loro e durante l’editing lascio commenti che evidenziano i difetti da correggere per migliorare la scrittura. Credo nella letteratura come processo collaborativo tra editor e autore per creare il miglior romanzo possibile, ragion per cui diffido delle persone troppo attaccate alle loro parole. Taglio senza problemi quando è necessario, forse avrei dovuto fare il chirurgo.