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La narrazione in terza persona

terza persona

Per ovviare ai limiti della narrazione in prima persona, che consente di fornire solo un certo numero di informazioni, si ricorre alla terza persona, di cui esistono tre tipologie: terza persona con unico punta di vista, con punto di vista mobile e narratore onnisciente.

La terza persona con unico punto di vista segue un personaggio in via preferenziale, adottandone il punto di vista, e permette di dare informazioni in maniera libera, ad esempio sull’aspetto fisico del personaggio prescelto; se da un lato essa implica un vantaggio informativo, dall’altro è priva dell’effetto intimo e immediato della prima persona.

La terza persona con più punti di vista o punto di vista mobile adotta lo sguardo di più personaggi, fornendo ancora più informazioni al lettore. Il narratore in terza persona non sa tutto dei suoi personaggi, ma ne svela pensieri, azioni ed emozioni solo nel momento in cui essi vivono una determinata situazione. Lo scrittore che sceglie questa tipologia di punto di vista deve stare attento a distribuire in modo sapiente le informazioni nel romanzo, a non inserire commenti personali e, soprattutto, a non favorire eccessivamente un punto di vista a discapito di un altro, mantenendo sempre un certo equilibrio.

Il narratore onnisciente, infine, conosce già tutta la storia e tutti personaggi, il loro passato e la loro vita psichica, conoscenza che gli permette di arricchire la narrazione di molti dettagli. Avendo accesso a tutte le informazioni, il narratore onnisciente deve essere accorto a dosare bene la caratterizzazione dei personaggi, evitando di dire troppo, e non deve avere una voce troppo invadente nella storia, permettendo al lettore di godersi l’esperienza della lettura e di farsi una propria opinione sulla vicenda che gli viene raccontata. Il narratore onnisciente viene scelto per raccontare storie ricche di personaggi che agiscono, come saghe familiari, romanzi fantasy o storici, esempi di narrativa corale contemporanea.

Quali sono i vari tipi di scritture editoriali

Il lavoro di una casa editrice non consiste soltanto nella creazione e nella diffusione di un libro, ma anche nella realizzazione di una serie di scritture editoriali che ruotano attorno a esso e che hanno la funzione di promuoverlo, di renderlo visibile e accattivante. I principali tipi di scrittura editoriale sono:  scheda di lettura, prefazione, sommario, apparati, quarta, scheda di promozione e comunicato stampa.

La scheda di lettura è compilata dai lettori professionisti che lavorano per la casa editrice – fidati e autonomi nel giudizio – ed è utilizzata per fornire la valutazione di un manoscritto. Può essere libera o strutturata in sezioni fisse (genere, sinossi, collana di destinazione, giudizio).

La prefazione o nota introduttiva è un testo di presentazione che precede l’opera, scritto da una persona diversa dall’autore, molto spesso una firma prestigiosa che può fare da traino commerciale. Può anche essere redatta dalla casa editrice e non può essere più lunga di 3-5 pagine, altrimenti diventa un saggio introduttivo.

Il sommario o l’indice generale è collocato all’inizio nelle opere di saggistica, una posizione strategica che rappresenta una soglia di accesso, e alla fine nelle opere di narrativa e poesia.

Gli apparati di un testo possono essere scolastici – box, didascalie alle immagini, esercizi, approfondimenti e attività integrative su carta e su web – o semplici note, commenti e appendici documentarie all’interno di un libro di varia. Nella varia di cultura le note possono essere bibliografiche o esplicative; le note autoriali sono quelle non allestite dalla redazione.

La quarta è un testo sintetico di presentazione o di promozione collocato sul retro o sul risvolto/aletta del libro. Essa ha la funzione di informare o di incuriosire alla lettura, riportando un sunto dell’opera, un estratto positivo di una recensione, un strillo o una biografia dell’autore. Nella quarta si trovano anche il prezzo e il codice Isbn del libro.

La scheda di promozione, indirizzata ai librai, contiene i dati bibliografici principali (titolo, autore, eventuale curatela, pagine, prezzo, Isbn, collana, data di uscita), la descrizione dell’opera (quarta di copertina), la biografia dell’autore e l’immagine di copertina (anche provvisoria).

Rispetto alle altre scritture editoriali, il comunicato stampa ha un taglio più informativo, cioè fornisce le informazioni chiave riguardanti l’uscita di un libro o una presentazione pubblica. Essendo indirizzato a giornalisti che devono rilanciare la notizia, ai quali arrivano miriadi di comunicati, è importante che il comunicato stampa abbia uno stile chiaro ed essenziale, che rinunci ad artefici letterari e che rispetti la regola giornalistica delle 5W (Who? What? When? Where? Why?).

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Come proporsi a una casa editrice

come proporsi a una casa editrice

La fine di un romanzo è contemporaneamente un momento di gioia e di confusione. Dopo il grande sacrificio per portarlo a compimento, si pone una domanda spinosa ma fondamentale: come lo si propone a una casa editrice?

La maggior parte degli editori attivi richiede tre cose: il romanzo, una sinossi e una biografia dell’autore.

Il romanzo deve essere nel suo stato migliore, gli editori devono accorgersi che c’è stato un grande lavoro alla base e che niente è stato lasciato al caso. Libri zeppi di errori di distrazione o con buchi di trama e incoerenze vistose vengono scartati con molta facilità.

La sinossi deve spiegare il romanzo per intero, in modo sufficientemente dettagliato e includendo anche il finale. Per definizione la sinossi deve essere breve (no, le sinossi di 5-6 pagine non sono vere sinossi), essenziale, chiara e pulita. Vanno evitate le sinossi che non spiegano a dovere gli eventi e che creano un alone di mistero, oppure le sinossi troppo generiche, che non scendono nello specifico. La sinossi, infatti, è lo strumento che permette all’editore di velocizzare il lavoro, evitandogli di dover arrivare alla fine del libro per sapere cosa succede.

La biografia è la presentazione dell’autore, serve alla casa editrice per farsi un’idea generica della persona e venire a conoscenza di eventuali pubblicazioni passate (numero, editori scelti, scelta dell’autopubblicazione). Nella biografia non dovrebbero mancare l’età anagrafica, la provenienza geografica e la professione, mentre i dettagli sulla vita privata sono inutili.

Sebbene siano queste le regole generali per proporre un romanzo, esistono editori che fanno richieste diverse agli autori. Alcuni, ad esempio, vogliono una scheda di presentazione al posto del romanzo e poi, se sono incuriositi, lo richiedono in un secondo momento. Alcuni vogliono un breve estratto dell’opera, conoscere le motivazioni che spingono un autore a proporsi a loro, leggere solo un certo numero di pagine o che il romanzo rispetti determinati requisiti grafici (font, interlinea).  Rispettare le richieste di un editore significa rispettare il lavoro di un insieme di professionisti; non farlo è sintomo di arroganza, superficialità o pigrizia.

È inutile inviare un manoscritto a un editore che ha chiuso temporaneamente le selezioni.

Gli errori da evitare quando si scrive

errori da evitare quando si scrive

La scrittura è un’arte che si apprende con l’esercizio e la lettura – lo dice Stephen King nel suo On Writing: Autobiografia di un mestiere – ma si basa anche su una componente di talento naturale; in altre parole, la capacità di scrittura è un dono, qualcosa di innato che ha solo bisogno di essere sviluppato. Gli autori di tutto il mondo sono impegnati a sorprendere il lettore e trascurano aspetti più importanti dei loro romanzi, commettendo errori grossolani che fanno dileguare il lettore alla velocità della luce.

Ecco una breve lista di errori da non commettere quando si scrive:

  • Utilizzo eccessivo di avverbi e aggettivi

Nessun lettore vuole sapere che qualcosa è fantastico, ma in che modo è fantastico. Nessun lettore vuole sapere in che modo si svolge un’azione, ma vedersela descrivere. Avverbi e aggettivi sono le parti del discorso che rallentano maggiormente la lettura e che offrono informazioni nebulose al lettore – dire che una donna è bella non ha la stessa efficacia di dire che una donna è bella come il sole che sorge la mattina; dire che una persona cammina velocemente non ha la stessa efficacia di dire che una persona cammina come se una fiamma le bruciasse la schiena – facendo passare lo scrittore per una persona pigra, che non vuole impegnarsi. Avverbi e aggettivi non sono vietati, dopotutto fanno parte della lingua italiana, ma andrebbero usati con parsimonia e, ove possibile, sostituiti con descrizioni più dettagliate.

  • Ripetizione degli stessi concetti

Nessun lettore vuole leggere qualcosa che ha già letto in precedenza. Molto spesso gli autori alle prime armi, nella convinzione errata che chi legge abbia scarsa memoria, tendono a ripetere gli stessi concetti, a spiegare più volte gli ideali e/o le motivazioni dei personaggi. A ben vedere la ripetizione allunga inutilmente il romanzo, genera noia e, soprattutto, rischia di far sentire il lettore stupido. Quando si scrive bisogna dare per scontato che si verrà letti con attenzione e fidarsi dell’intelligenza delle persone.

  • Dire al posto di mostrare

La letteratura dovrebbe parlare attraverso le azioni, i comportamenti e i gesti dei personaggi, non attraverso le parole. Uno scrittore che si preoccupa di spiegare minuziosamente perché i personaggi agiscono in un certo modo tradisce la missione della scrittura, quella di creare immagini vivide nelle mente del lettore, di fargli vedere quello che succede con i suoi occhi come se stesse assistendo a uno spettacolo teatrale. Le parole sono alle base delle scrittura, ma è importante saperle usare nel modo giusto, evitando che si trasformino in un’arma a doppio taglio.

  • Complicare volutamente la scrittura

Se il sogno di ogni scrittore è raggiungere una moltitudine di persone, non può pretendere di comunicare con un linguaggio di difficile comprensione. Spesso, nello sforzo di impressionare editori e lettori, gli scrittori in erba complicano volutamente la scrittura, senza sospettare che nessuna delle due categorie impiegherà il suo tempo per decifrare il libro, bensì passerà oltre. La semplicità è grandezza, è il modo più potente di comunicare, è riguardo verso chi legge. La strada per raggiungere il cuore dei lettori è dritta e liscia, senza curve o buche.

La differenza tra editing e correzione di bozze

correzione di bozze

Editing o correzione di bozze? Questo è il dilemma. Non c’è l’uno senza l’altro e la seconda è il perfezionamento del primo.

L’editing, dall’inglese to edit  (modificare, correggere), è la prima revisione che un romanzo riceve da parte di un professionista dell’editoria (l’editor, appunto), paragonabile a una esplorazione del terreno “letterario”. È nella fase di editing, infatti, che un libro rivela tutti i suoi punti di forza e di debolezza, che, anche con la collaborazione dell’autore, andranno esaltati o eliminati. L’editing interviene sulla forma e sullo stile di un romanzo, attraverso modifiche che riguardano l’aspetto grammaticale, sintattico e lessicale del testo – errori grammaticali, logici, parole usate in un contesto sbagliato – e modifiche che investono il testo nella sua complessità – inversioni di parole, tagli, aggiunte, riscritture. Oltre all’aspetto testuale, l’editing coinvolge anche l’aspetto contenutistico e semantico di un libro: nel corso del suo svolgimento, infatti, vengono scovati i buchi di trama, le incoerenze, le inesattezze storiche del presente e del passato e, infine, controllata la credibilità dei personaggi, che dovrebbero avere comportamenti in linea con la personalità definita dallo scrittore e in generale sensati.

La correzione di bozze, invece, è l’ultima revisione che si fa a un romanzo. Essa interviene sulla forma – correggendo errori ortografici, di distrazione e di battitura – sulla formattazione del testo (capoversi, spaziatura, font del carattere) e sulla punteggiatura. È il controllo finale che si richiede prima di mandare un libro in stampa. La correzione di bozze serve anche a verificare eventuali errori commessi in fase di editing, che devono essere corretti con lo spirito di un editor e non di un semplice correttore di bozze affinché il libro sia perfetto a livello testuale e possa passare alla fase successiva, l’impaginazione.

L’impaginazione interviene sulla veste grafica del libro. Durante di essa il testo viene organizzato e distribuito a seconda di come lo si vuole vedere sulla carta stampata e vengono inseriti i loghi e le diciture tecniche.

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Come sono diventata una editor

Da ragazzina dicevo di voler fare la giornalista, e per un periodo di tempo ci ho creduto davvero, poi un giorno mi si sono aperte le porte del mondo dell’editoria e sono diventata una editor.

Avevo da poco terminato gli studi universitari in comunicazione e giornalismo e stavo lavorando per una testata locale per conseguire il tesserino di giornalista pubblicista quando decido di inviare il curriculum vitae a una piccola casa editrice della mia zona. La risposta è immediata. L’editore mi fa fare una prova per testare le mie capacità, l’editing di un paio di racconti e la stesura di una scheda di valutazione di un libro. Non lo avevo mai fatto prima di allora. Con mia grande gioia, supero la prova ed entro a far parte dello staff.

In due anni e tre mesi di lavoro ho revisionato libri di varie grandezze e generi: thriller, erotici, rosa, fantasy, horror, per ragazzi e bambini. Tutto tranne la poesia e la saggistica, categorie che non prediligo neanche da lettrice. Nella mia attività ho sempre alternato l’editing alla correzione di bozze e, oltre a lavorare sui testi, ho stilato anche le biografie degli autori, le sinossi per le quarte di copertina e ho ideato le copertine stesse interagendo con il grafico.

Qualche tempo dopo aver trovato lavoro nella casa editrice e sentendomi sicura delle mie competenze da editor, decido di creare un sito Internet, “Vivi e scrivi”, per promuovermi in qualità di freelance. Il sito, una presenza costante sui social e sponsorizzazioni di contenuti indirizzati a target specifici mi hanno permesso di ottenere i primi ingaggi da libera professionista.

Il mio rapporto con gli scrittori è informale e amichevole. Sono molto onesta con loro e durante l’editing lascio commenti che evidenziano i difetti da correggere per migliorare la scrittura. Credo nella letteratura come processo collaborativo tra editor e autore per creare il miglior romanzo possibile, ragion per cui diffido delle persone troppo attaccate alle loro parole. Taglio senza problemi quando è necessario, forse avrei dovuto fare il chirurgo.