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Gli errori da evitare quando si scrive

errori da evitare quando si scrive

La scrittura è un’arte che si apprende con l’esercizio e la lettura – lo dice Stephen King nel suo On Writing: Autobiografia di un mestiere – ma si basa anche su una componente di talento naturale; in altre parole, la capacità di scrittura è un dono, qualcosa di innato che ha solo bisogno di essere sviluppato. Gli autori di tutto il mondo sono impegnati a sorprendere il lettore e trascurano aspetti più importanti dei loro romanzi, commettendo errori grossolani che fanno dileguare il lettore alla velocità della luce.

Ecco una breve lista di errori da non commettere quando si scrive:

  • Utilizzo eccessivo di avverbi e aggettivi

Nessun lettore vuole sapere che qualcosa è fantastico, ma in che modo è fantastico. Nessun lettore vuole sapere in che modo si svolge un’azione, ma vedersela descrivere. Avverbi e aggettivi sono le parti del discorso che rallentano maggiormente la lettura e che offrono informazioni nebulose al lettore – dire che una donna è bella non ha la stessa efficacia di dire che una donna è bella come il sole che sorge la mattina; dire che una persona cammina velocemente non ha la stessa efficacia di dire che una persona cammina come se una fiamma le bruciasse la schiena – facendo passare lo scrittore per una persona pigra, che non vuole impegnarsi. Avverbi e aggettivi non sono vietati, dopotutto fanno parte della lingua italiana, ma andrebbero usati con parsimonia e, ove possibile, sostituiti con descrizioni più dettagliate.

  • Ripetizione degli stessi concetti

Nessun lettore vuole leggere qualcosa che ha già letto in precedenza. Molto spesso gli autori alle prime armi, nella convinzione errata che chi legge abbia scarsa memoria, tendono a ripetere gli stessi concetti, a spiegare più volte gli ideali e/o le motivazioni dei personaggi. A ben vedere la ripetizione allunga inutilmente il romanzo, genera noia e, soprattutto, rischia di far sentire il lettore stupido. Quando si scrive bisogna dare per scontato che si verrà letti con attenzione e fidarsi dell’intelligenza delle persone.

  • Dire al posto di mostrare

La letteratura dovrebbe parlare attraverso le azioni, i comportamenti e i gesti dei personaggi, non attraverso le parole. Uno scrittore che si preoccupa di spiegare minuziosamente perché i personaggi agiscono in un certo modo tradisce la missione della scrittura, quella di creare immagini vivide nelle mente del lettore, di fargli vedere quello che succede con i suoi occhi come se stesse assistendo a uno spettacolo teatrale. Le parole sono alle base delle scrittura, ma è importante saperle usare nel modo giusto, evitando che si trasformino in un’arma a doppio taglio.

  • Complicare volutamente la scrittura

Se il sogno di ogni scrittore è raggiungere una moltitudine di persone, non può pretendere di comunicare con un linguaggio di difficile comprensione. Spesso, nello sforzo di impressionare editori e lettori, gli scrittori in erba complicano volutamente la scrittura, senza sospettare che nessuna delle due categorie impiegherà il suo tempo per decifrare il libro, bensì passerà oltre. La semplicità è grandezza, è il modo più potente di comunicare, è riguardo verso chi legge. La strada per raggiungere il cuore dei lettori è dritta e liscia, senza curve o buche.

Quali sono le caratteristiche di un buon romanzo

come scrivere un buon romanzo

Non tutto quello che viene creato può essere considerato una storia. Non si tratta di scrivere il libro perfetto, ma di mettere su carta qualcosa che, soddisfacendo determinati requisiti, può essere definito un romanzo vero e proprio. Messa da parte l’insindacabilità del gusto personale, esistono delle caratteristiche che tutti i libri dovrebbero possedere:

  • Padronanza linguistica e cura del testo.

La grammatica italiana si impara alle scuole elementari, ragion per cui ogni lettore si aspetta che i romanzi siano perfetti da questo punto di vista e che non contengano errori grossolani. Anche il lessico è importante: dovrebbe essere variegato, testimoniare che l’autore ha letto molti libri prima di iniziare scrivere e che, attraverso di essi, ha ampliato il suo vocabolario. Oltre alla mera correttezza grammaticale e alla padronanza lessicale, c’è bisogno anche di una generale cura del testo finalizzata a eliminarne i refusi e a renderlo gradevole all’occhio del lettore. Nelle case editrici gli editor intervengono in tal senso, ma non è detto lo stesso per l’autopubblicazione.

  • Una storia che ha un inizio, un’evoluzione e una fine.

I romanzi che si limitano a raccontare una situazione statica, immutabile – che avvenga nel mondo interiore o in quello esteriore del protagonista – non hanno ragione di esistere. Nessuno vorrebbe leggere un libro in cui non si verificano eventi significativi, in cui non c’è nulla che modifica la situazione di partenza o i cui protagonisti non hanno una crescita o una evoluzione.

  • Originalità.

Considerata l’immane quantità di libri pubblicati fino a oggi e i ritmi attuali di stampa, complice anche l’autopubblicazione, è impossibile creare qualcosa di totalmente nuovo, che qualcun altro non ha già sfiorato. Se l’originalità non è possibile nella trama, è possibile invece nello stile della scrittura, nella voce e nella personalità dell’autore. La vera originalità, dunque, sta nel raccontare in modo nuovo qualcosa che è già raccontato o nel saper riflettere come non è mai stato fatto prima.

  • Consapevolezza di ciò che si scrive.

L’autore dovrebbe essere informato sull’argomento che sta trattando, pena la credibilità della sua storia e la fiducia del lettore. Il lavoro di scrittura, dunque, ha come premessa un lavoro di ricerca che può attingere a fonti diverse – libri, Internet, persone fisiche, esperti in materia – purché attendibili. La prassi migliore per uno scrittore è raccontare qualcosa che già conosce, di cui ha avuto esperienza diretta. Per fare un esempio reale, i thriller legali di John Grisham (Il socio, Il rapporto Pelican) traggono ispirazione dalla sua esperienza concreta in qualità di avvocato.  

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